Si tratta di una raccolta di versi che l’autore dedica, non senza una vena di ironia e di amarezza, «ai pochi amici rimasti» e nei quali egli raggruma scaglie di vita, ferite dell’essere, esperienze musicali, trasfigurate in un sentire lirico, prosciugato da ogni tentazione di ridondanza ma declinato con gesti poetici ora delicati, gentili, soavi ora ardenti, veementi, appassionati ora languidi, carezzevoli, struggenti ora palpitanti, amorosi, intriganti. Talvolta il canto lirico lascia spazio all’aforisma fulminante nel quale ritroviamo uno dei tratti più caratteristici e genuini della multiforme personalità del poeta. C’è chi ha insinuato che la scrittura sia la pietrificazione della voce viva. Chi scrive e chi legge sa che non è così. Le parole di una poesia sono pur sempre dettate da una voce che cerca un’altra voce per trovare il giusto tono, il ritmo necessario per penetrare nell’anima. E Gian Nicola Vessia questa voce la conosce benissimo, la sa intonare nella maniera più adeguata, con stile personalissimo e con animo d’artista.
Giovanni Acciai
Docente al Conservatorio “G. Verdi” di Milano |